giovedì 14 febbraio 2019

Neutral Milk Hotel - Oh Comely TRADUZIONE

Traduzione di P. G. Boccacci

Hey,  graziosa,  sarò con te quando ti mancherà il respiro
Inseguendo l’unico ricordo sensato che hai pensato ti fosse rimasto
Quello della bella scena,  luminosa,  spumeggiante e terribile
In cui lei faceva quella cosa sul tuo petto
Ma hey,  graziosa,  non è bello come vorresti credere
Nel tuo ricordo, sei ubriaca della soggezione che hai per me
Non significa assolutamente niente

Hey,  graziosa,  tutti i tuoi amici si lasciano spompinare da te
Esplosione di frutti appuntiti e brutti che cadono dai buchi
Di un bell’amico,  luminoso, spumeggiante e terribile
Che,  secondo il tuo bisogno, poteva dirti cose confortanti all’orecchio
Ma hey, graziosa,  non puoi trovare un amico del genere qui
Se mi stai vicina,  lui è solo il mio nemico
Lo annienterei con ogni mezzo

Di’  quello che vuoi
Tieniti le tue maniere vuote
Muovendo la bocca per tirar fuori
Tutti i miracoli a me destinati

Tuo padre ha generato feti insieme a signore leccatrici di carne 
Mentre te e tua madre dormivate nel parcheggio per roulotte
Fragorose scintille dal ventre scuro degli stadi
La musica e le medicine di cui avevi bisogno per confortarti
Quindi metti in moto le tue grasse dita carnose
E pizzica tutte le tue sciocche corde,  piega tutte le tue note per me
La dolce e sciocca musica è pregnante magia 
I movimenti erano stupendi,  nelle tue ovaie
Ognuno di loro che mungeva con verdi fiori di carne
Mentre i potenti pistoni erano dolci macchinari zuccherati
L’odore di seme che pervadeva il garage
Era  tutto ciò di cui avevi bisogno quando credevi ancora in me

Di’  quello che vuoi
Tieniti le tue maniere vuote
Muovendo la bocca per tirar fuori
Tutti i miracoli a me destinati

So che loro hanno seppellito il corpo di lei con altri
La sorella,  la madre e cinquecento famiglie
E lei mi ricorderà tra cinquant’anni?
Avrei voluto salvarla in una sorta di macchina del tempo
Conoscere tutti i tuoi nemici
Sappiamo chi sono i nostri nemici
Conosci tutti i tuoi nemici
Sappiamo chi sono i nostri nemici

Goldaline,  mia cara
Ci piegheremo e ci ghiacceremo insieme
Lontano da qui
Ci sono il sole e la primavera e il verde per sempre
Ma ora ci muoviamo per provare qualcosa l’un dell’altro dentro lo stomaco di uno straniero
Sistema il tuo corpo qui
Lascia che la tua pelle inizi a fondersi con la mia!



domenica 3 febbraio 2019

Bob Dylan - Nashville Skyline (1969) Recensione di P. G. Boccacci


Link alla recensione  sul sito Debaser:  https://www.debaser.it/bob-dylan/nashville-skyline/recensione-paolofreddie


     Nashville Skyline”,  nono album in studio di Bob Dylan,  prodotto da Bob Johnston,  pubblicato il 9 aprile 1969 dalla CBS,  compare nelle vetrine dopo quasi un anno e mezzo dal precedente  John Wesley Harding  (dicembre ’67). 
      Come questo,  è il risultato  di una irriverente presa di posizione  nei confronti della critica di settore e dei fan,  maturata nel tempo  come reazione al comportamento di entrambi riguardo la sua vita privata e la sua immagine pubblica. 

     I giornali continuano a definire l’artista  portavoce di una generazione”,  nonostante egli,  da diversi anni,  si sia già  disappropriato  di tale veste,  peraltro cucitagli addosso in virtù della contingenza storica  in cui  comincia a muovere i primi passi  (a un mero livello di pubblicazioni,  mi riferisco al periodo che va dal ’62  al ’64).  
     Prima del ’67,  già aveva stupito,  per non dire sconvolto,  fino al  disgusto,  il proprio seguito  “folk”,  dando una radicale direzione al proprio sound,  imbracciando la chitarra elettrica,  e lanciandosi  in cavalcate elettriche  volutamente esasperate,  nuove allora,  ancora sconcertanti oggi al pensiero. 
     Dylan inventa, a tutti gli effetti,  il folk rock,  genere che fino a fine anni ‘70/inizio ’80,  godrà  di una certa freschezza,  germinando, in seguito, sottogeneri  inediti grazie alla fusione con il punk e il nascente indie rock.  La trilogia elettrica del biennio ’65/’66  fa perdere a Dylan molti fan,  ma gliene restituisce altrettanti. 

     Il 29 Luglio 1966,  subisce una battuta d’arresto,  quando nei dintorni di Woodstock,  NY,  dove risiede,  ha un incidente in motocicletta  che lo segnerà,  al punto da indurlo a un periodo di isolamento volontario.  
     Nell’arco del ’67  non si sente quasi per niente parlare di Dylan,  che realizza,  in casa,  del materiale  inedito  con molta fatica,  mentre si riprende dal fattaccio.  Intanto,  circolano alcune registrazioni pirata,  sotto forma di bootleg  (“Great White Wonder”,  il primo della storia del rock),  che  riproducono  le sue sessioni  con The Band. 

     Non sorprende  che,  alla fine del ’67  (nello stesso mese in cui viene pubblicato  Songs of Leonard Cohen” –  tutto un altro paio di maniche!),  i fan e la critica rimangano ulteriormente  scioccati,  increduli a ciò che sentono le proprie orecchie:  la voce di Dylan  non è la stessa.  L’artista,  grande  “troll”  ante-litteram,  intona il suo nuovo materiale,  dalle sonorità country-rock,  marcatamente tradizionale,  con un’intonazione da crooner,  che,  di nuovo,  gli vale  l’etichetta di  venduto”,  come ai tempi di  Bringing It All Back Home”,  primo tassello della già citata trilogia elettrica.  Come in precedenza,  gli ascoltatori si fermano all’apparenza,  non essendo pronti per le prove  sottoposte loro.

     Il gioco si ripete nel 1969,  con maggior sintesi,  in  Nashville Skyline”.  L’album consta di 10 brani,  e non supera la mezz’ora  di minutaggio,  a differenza del precedente, che toccava i quaranta.  Le canzoni prendono vita negli Studi di Nashville.  Dalla prima sessione non vengono fuori nastri degni di pubblicazione,  mentre,  già a partire dalla seconda,  si vedono dei  “frutti”.   Lay Lady Lay”,  scritta l’anno precedente,  viene elaborata.  
      Il grande pregio del risultato finale è che si può avvertire un’atmosfera rilassata e disincantata. Negli anni in cui la Guerra in Vietnam è al culmine,  e  tutti si aspettano nuove invettive e prese di posizioni politiche,  l’artista,  rinato” per l’ennesima volta,  delude le aspettative,  ma di fatto compone un delizioso lavoro,  che ne ribadisce il mestiere.  Non un capolavoro,  ma un bell’album di Bob Dylan.

     Nonostante le critiche,  ha un riscontro commerciale più che buono,  toccando il terzo posto in Patria,  arrivando alla vetta  nel Regno Unito.  Il sound è più levigato,  sicuramente più accessibile.  
     I pezzi trainanti sono il,  già citato,  singolo  Lay Lady Lay”,  diventato  un vero  e proprio standard ad oggi  (che doveva,  oltretutto, far parte della colonna sonora di  Un uomo da marciapiede”,  ma Dylan non riuscirà a consegnarla in tempo),  e la nuova versione di  Girl from the North Country  (già inclusa  in “The Freewheelin’ Bob Dylan”,  1963)  al fianco di Johnny Cash.  Il resto della torta non è male,  ma non colpisce particolarmente.  Nashville Skyline Rag”, primo strumentale nella produzione dylaniana,  rappresenta un pregevole divertissement. 
     La copertina è sfacciata quanto le scelte musicali:  si assiste a un Dylan sorridente,  che si toglie il cappello,  come per salutare rispettosamente  (con una certa ironia)  il pubblico,  sia quello che ha già,  sia quello che intende,  forse,  conquistare,  introducendolo di fatto a delle atmosfere meno “funeste”. 

     Bob è ormai padre di famiglia,  e cerca di tenersi fuori dai guai  che la sua vita precedente,  da rockstar,  aveva comportato.  È un periodo relativamente tranquillo,  quello in cui  Nashville Skyline  viene registrato,  ma,  se la critica continua ad appiccicargli addosso il termine  portavoce di una generazione”,  i fan,  nell’infastidire  l’artista,  non sono da meno:  non sono rare le visite inopportune e sgradite, da parte di  ammiratori,  o di  sempliciavvoltoi”,  che si introducono nella proprietà di campagna di Dylan,  la cui reputazione presso i vicini di casa viene minata:  I vicini di casa ci odiavano.  Per loro,  non ero altro che un carrozzone carnevalesco”.

     Come il fortunato  Sweetheart of the Rodeo  dei Byrds  (che,  nel realizzarlo,  si erano ispirati proprio a Bob,  nello specifico a  John Wesley Harding”),  Nashville Skyline  ridà dignità  alla musica country,  senza banalizzarla né svecchiandola – se non marginalmente –.  
     Più semplicemente,  pur con la sua sfacciataggine,  l’artista  si diverte facendo quello che gli piace, e riesce anche a emozionarsi,  come nel duetto con Johnny Cash.  Questi scrive le note di copertina dell’album,  in cui  dichiara,  in un modo preciso che più preciso non si può:  Ci sono quelli che non imitano,  che non possono imitare,  ma poi ci sono quelli che emulano a tratti,  per espandere ulteriormente la luce  di un bagliore originale;  sapendo che imitare i vivi è parodia, e imitare i morti è furto,  ci sono quelli che sono esseri completi in sé stessi …”.  
     Chapeau! … sia a Roberto,  sia a Giovanni.