martedì 19 aprile 2016

Faust - Faust (1971) Traduzione di P. G. Boccacci


TRACKLIST
1.      WHY DON’T YOU EAT CARROTS?
2.      MEADOW MEAL
3.      MISS FORTUNE



1.      PERCHE’ NON MANGI LE CAROTE?

Non riesco a provare alcun appagamento
(Tutto ciò di cui hai bisogno è amore)

Stiamo giocando i set sul colpo
Semplicemente continuiamo ad aspettare

Lenta procede l’oca
Tu vedi me, scarpe nella tua mente a specchio
Rapido procede il trucco
Chiedo che i tuoi malati navigatori naviganti siano ciechi

Viaggio nella lingua
Pronto a non pronunciare ding dong, è un bellissimo inizio

Chiedo che i tuoi malati navigatori naviganti siano ciechi

Voce femminile: Trovi che questo sia piacevole?
Voce maschile: Basta per sopravvivere
Voce femminile: Sei cambiato negli ultimi pochi anni
Voce maschile: Tu credi?
Voce femminile: Ma perché? Forse … no … ma … perché non mangi le carote?
Voce maschile: Sì, sarebbe davvero bello
Voce femminile: Lo faremo?
Voce maschile: Sì
Voce femminile: Ti va di fare dietrofront?

2.      PASTO DA PRATO

Io sono un pasto da prato e tiro a indovinare
E vengo respinto e reggo il gioco
Una meravigliosa ragione inespressiva
Per rimanere in riga, restare in riga
Mettetevi in fila, rompete il suono
Voi perdete la mano per capire che l’incidente è rosso

Tu sei una forchetta da frutta e il denaro a cui ambisci
E la donna che desideri e la metà che chiedi
Una meravigliosa ragione inespressiva
Per rimanere in riga, restare in riga
Mettetevi in fila, rompete il suono
Voi perdete la mano per capire che l’incidente è rosso

3.      SIGNORA FORTUNA

Dobbiamo essere o non essere?
Chiese l’angelo alla Regina
Io alzo la gonna e Voltaire si gira
Quando lui parla con la bocca piena di aglio
Bianco, sì, bianco
La sfortuna di entrambi
Lui ti ha detto di essere libero
E tu hai obbedito
Noi dobbiamo decidere ciò che è importante
Una guerra che non vedremo mai
O una strada talmente nera
Che i bambini muoiono?
Un sistema e una teoria
O il nostro desiderio di essere liberi
Di organizzare e analizzare
E alla fine prendere coscienza
Che nessuno sa
Se è veramente accaduto

venerdì 15 aprile 2016

Pink Floyd - The Piper At The Gates Of Dawn (1967) Traduzione di P. G. Boccacci



TRACKLIST

1.      ASTRONOMY DOMINE
2.      LUCIFER SAM
3.      MATILDA MOTHER
4.      FLAMING
5.      POW R. TOC H.
6.      TAKE UP THY STETHOSCOPE AND WALK
7.      INTERSTELLAR OVERDRIVE
8.      THE GNOME
9.      CHAPTER 24
10.  THE SCARECROW
11.  BIKE



1.      ASTRONOMIA, SIGNORE!

Verdognolo e verde chiaro
Una seconda scena
Una battaglia tra i vari blu
Che una volta hai conosciuto

Galleggiando
Il suono riecheggia sul fondo
Intorno alle acque ghiacciate
Sotterranee

Giove e Saturno
Oberon, Miranda e Titania
Nettuno, Titano
Le stelle possono spaventare

Insegne accecanti sbattono
Baluginano, baluginano, baluginano
Blam, pow pow
Scalinata, spavento, Dan Dare
Chi è là?

Verdognolo e verde chiaro
Il suono riecheggia
Le acque ghiacciate
Sotterranee

2.      LUCIFERINO SAM

Luciferino Sam, gatto siamese
Sempre seduto al tuo fianco
Sempre al tuo fianco
Quel gatto è qualcosa che non so spiegare

Jennifer Gentle, sei una strega
Tu sei il lato sinistro
Lui è il lato destro, oh no
Quel gatto è qualcosa che non so spiegare

Lucifero, vai al mare
Sii un gatto alla moda, un gatto da nave
Da qualche parte, ovunque
Quel gatto è qualcosa che non so spiegare

Cacciando di notte, setacciando la sabbia
Nascondendosi nelle vicinanze, sulla scena
Lo troverai mentre sei nei paraggi
Quel gatto è qualcosa che non so spiegare

3.      MADRE MATILDA

C’era un re che governava la terra
Sua Maestà era al comando
Con occhi d’argento l’aquila scarlatta
Ricopriva d’argento la gente
Oh, madre, raccontami ancora

Perché mi hai dovuto lasciare qui
Sospeso nella mia aria da infante
In attesa?
Tu devi solo leggere le righe
Sono nere di scarabocchi e ogni cosa splende

C’era una volta un migliaio di indistinti fantini
Che si arrampicavano più in alto
Attraverso la corrente con scarpe di legno
Con campane che annunciano al re le notizie

Vagare e sognare
Le parole hanno differente significato
Sì, lo avevano

Per tutto il tempo che in quella stanza ho trascorso
La casa delle bambole, buio, odore di vecchio
E le fiabe mi hanno tenuto su di morale
Su nuvole di luce solare che fluttuavano
Oh, madre, raccontami ancora

4.      ARDENTE

Solo tra le nuvole, tutto triste
Sopra un piumino
Urrà! Tu non puoi vedermi
Ma io posso vedere te

Oziando nella nebbia del mattino
In groppa a un unicorno
Non è giusto! Tu non puoi sentirmi
Ma io posso sentire te

Guardando i ranuncoli che catturano la luce
Dormendo su un dente di leone
È troppo: non ti toccherò
Ma del resto potrei

Gridando attraverso un cielo stellato
Viaggiando attraverso il telefono
Hey! Andiamo!
Davvero in alto

Solo tra le nuvole, tutto triste
Sopra un piumino
Urrà! Tu non puoi vedermi
Ma io posso vedere te

5.      POTERE TH

(Strumentale)

6.      ARMATI DEL TUO STETOSCOPIO E CAMMINA

Dottore dottore
Sono a letto
Con il mal di testa
L’oro è piombo
Soffoco con il pane
Malnutrito
L’oro è piombo
Gesù ha sanguinato
Il dolore è rosso
Oscuro fato
Demone nel porridge
Cucchiaio unto
Cucchiaio usato
Tetraggine di Giugno

Sembra che la musica aiuti il dolore
Sembra che motivi il cervello
Dottore, gentilmente dica a sua moglie
Che sono vivo
I fiori crescono
Capisca!

7.      DISTORSIONE INTERSTELLARE

(Strumentale)

8.      LO GNOMO

Voglio raccontarvi una storia
A proposito di un omino, con il vostro permesso
Uno gnomo noto come Grimble Gromble
E (altri) piccoli gnomi se ne stanno nelle loro case
A mangiare, a dormire, a bere il loro vino

Lui indossava una tunica scarlatta
Un cappuccio verdazzurro, era molto bello da vedere
Lui ha intrapreso una grande avventura
In mezzo all’erba, finalmente aria fresca
Bevendo vino, cenando, ammazzando il tempo

E poi un giorno
Urrà! Per gli gnomi
Un altro modo per dire
Oh mamma mia!

Guarda il cielo
Guarda il fiume
Non è bello?
Inoltrandosi, trovando posti dove andare

9.      CAPITOLO 24

Tutto il movimento si compie in sei fasi
E la settima (com)porta il ritorno
Il sette è il numero della luce giovane
Che si forma quando all’oscurità viene sommato uno
Il cambiamento restituisce il successo
Venendo e andando senza errore
L’azione porta grande fortuna
Tramonto …

Il momento arriva con il mese del solstizio d’inverno
Quando il cambiamento è in fase di arrivo
Tuono nella terra, la traiettoria del cielo
Le cose non possono essere distrutte una volta per tutte
Il cambiamento restituisce il successo
Venendo e andando senza errore
L’azione porta grande fortuna
Tramonto … alba …

Tutto il movimento si compie in sei fasi
E la settima (com)porta il ritorno
Il sette è il numero della luce giovane
Che si forma quando all’oscurità viene sommato uno
Il cambiamento restituisce il successo
Venendo e andando senza errore
L’azione porta grande fortuna
Tramonto … alba …

10.  LO SPAVENTAPASSERI

Lo spaventapasseri verde-nero
Come tutti sanno
Stava con un uccello sul cappello
E paglia ovunque, non gliene importava
Lui stava in un campo dove cresce l’orzo

La sua testa non formulava pensieri
Le sue mani non si muovevano
Eccetto quando il vento sferzava brusco
E i topi correvano intorno sul campo
Lui stava in un campo dove cresce l’orzo

Lo spaventapasseri verde-nero
È più triste di me
Ma ormai è rassegnato al suo destino
Perché la vita non gli è ostile, non gliene importa
Lui stava in un campo dove cresce l’orzo

11.  BICICLETTA

Ho una bicicletta
La puoi guidare se ti va
Ha una cesta, un campanello che suona
E cose che la rendono bella
Te la darei se potessi, ma l’ho presa in prestito

Tu sei il tipo di ragazza che sta bene nel mio mondo
Ti darò ogni cosa se vorrai

Ho un mantello, una sorta di scherzo
C’è uno strappo davanti, è rosso e nero
Ce l’ho da mesi
Se pensi che possa piacerti
Allora suppongo che dovrebbe

Tu sei il tipo di ragazza che sta bene nel mio mondo
Ti darò ogni cosa se vorrai

Conosco un topo
E lui non ha una casa
Non so perché ma lo chiamo Gerald
Nonostante stia invecchiando
E’ un buon topo

Tu sei il tipo di ragazza che sta bene nel mio mondo
Ti darò ogni cosa se vorrai

Ho una banda di uomini di pan di zenzero
Un uomo qui, un uomo lì
Un sacco di uomini di pan di zenzero
Prendine un paio se vuoi
Sono sul piatto

Tu sei il tipo di ragazza che sta bene nel mio mondo
Ti darò ogni cosa se vorrai

Conosco una stanza di melodie musicali
Qualche rima, qualche ching
Alcuni di questi sono a orologeria
Andiamo nell’altra stanza
E azioniamoli

mercoledì 6 aprile 2016

Mauro Pelosi - La Stagione Per Morire (1972) Recensione di P. G. Boccacci


Se io avessi quest’album in forma materiale, in cd o in vinile, esso sarebbe consumatissimo. Non oso neanche provare a contare le volte in cui l’ho ascoltato.
Fine febbraio. No, non c’entra Mauro Pagani. Si tratta di me, dell’autore di quella che dovrebbe essere una recensione sull’esordio discografico di Mauro Pelosi, cantautore romano semisconosciuto. In parte lo è. Mi sento in dovere, ho bisogno di spiegare il valore che ha per me questo “disco” (non ce l’ho materialmente, come dicevo, e inoltre non è solo un disco, ma un’esperienza), facendo riferimento alla mia vita personale.
Fine febbraio, una stanza come un’altra, la stanza di un adolescente alle prese con la depressione. Una donna nella sua testa, ma non vicina a lui, non lì, in quella stanza da adolescente. E chiunque direbbe – se vedesse, se sapesse – che è normale, che rientra nella logica della vita lo stare male per una donna, soprattutto se si è giovani. È normale subire, vivere delle delusioni amorose o, più in generale, affettive. Ma quando hai vent’anni, quando ami una ragazza, una donna, a tal punto da voler morire, tu, maschietto medio, responsabile e allo stesso tempo vittima della tua spiccata sensibilità, non riesci a ragionare a mente fredda. E ti verrebbe da dire per giustificarti, come a suo tempo ha fatto Mauro Pelosi, mettendo le parole su nastro “Caro amico, sai cosa son vent’anni, troppo pochi per poter capire”. Mi son domandato se le canzoni che compongono questo “La Stagione per Morire” siano autobiografiche, se veramente M.P. abbia vissuto il disagio, il tormento, l’odissea di dolore interiore che mette in “luce” attraverso la sua voce. Evidente è la profonda sincerità nel canto di lui, la passione dietro ogni parola. A volte stonato, a volte delirante, Mauro Pelosi sembra lottare con i propri demoni; posseduto da un’angoscia terribile causata da un amore altrettanto terribile; destinato a soccombere sotto i colpi inferti dalla sua donna, lontana, e sotto i colpi inferti da sé stesso. L’unica cosa di cui, però, sono assolutamente sicuro è il mio dolore, il mio strazio.
Ogni canzone, ogni singolo verso, parla di me. Non c’è scampo. Un fine febbraio nel baratro, nell’occhio del ciclone. Sono a pezzi. Chi mi vedesse non mi distinguerebbe da una larva. Eppure sono io, ragazzo uomo, dilaniato, massacrato nel profondo del proprio io. Vent’anni buttati via e rendersene conto. Vent’anni di galera per me, per lei, per il mondo. Un delirio di onnipotenza cede il passo alla consapevolezza del proprio sfacelo. Ansia da prestazione, ora come allora. Mentre scrivo penso a come descrivere al meglio come mi son sentito, quel fine febbraio ormai passato, morto, ma mi rendo conto di essere profondamente disorientato. Solo ascoltare questo album mi aiuta a ricomporre il puzzle dei ricordi. Eppure, nonostante questo, non posso ancora descrivere. Descrivo tutto nella mia testa. Inoltre, non ho alcun diritto di tediare il lettore con dettagli riguardo alla mia relazione con questa ragazza, con questa donna, che ormai è diventata appunto “questa ragazza”, “questa donna”. Ormai non ha più nome, anche se sulle labbra ne rimane il dolceamaro sapore. Il suo nome come quello di un mese dell’anno, per di più appartenente alla stagione per morire scelta da Pelosi, la primavera. Non importa se non è il suo vero nome, ma un soprannome che lei ha creato in sostituzione del suo nome di battesimo, così orribile per lei, così poco attinente alla sua personalità. Per me lei è sempre stata quel mese dell’anno, quel verbo che esprime il potere.
Nove brani uno più deprimente dell’altro, uno più vero dell’altro. Vero per me. C’è la paura iniziale che sfocia in un attacco verbale violento, eppure trattenuto, in cui l’uomo, abbandonato dalla sua donna, rimasto solo, si rende conto delle tante parole, delle tante bugie di cui si è nutrito fino a consumarsi. C’è la finta risolutezza che viene espressa sotto forma di domanda, sotto forma di sfida, con un “cosa aspetti ad andar via?” che tenta di celare il profondo travaglio interiore. C’è il rimpianto, la tristezza che emerge al pensiero della vita che sarebbe potuta essere, alla vita che si progettava per entrambi. “Niente di più. Niente di più!”. C’è la resa finale, la decisione drastica: l’annullamento totale autoimposto. Mai più “far la vita di chi è morto”, quindi: suicidio. “Strade lunghe senza uscita, la mia stanza senza porta. Lasciatemi andar via … lasciatemi andar via”. Ma l’unico che alla fine lo lascerà andar via sarà lui stesso, il protagonista di questa tragedia, l’artefice di questo delirio.
Quel fine febbraio poteva essermi fatale, ma per fortuna o purtroppo l’ho superato. Il lato positivo (vedete voi) è che continuo ad ascoltare Mauro Pelosi. E ogni volta ricompongo il puzzle dei ricordi, ma non penso più ad annullarmi, perché non amo più, non voglio, non posso. Mi permetto, una volta ogni tanto, di passare una mezz’ora a rivivere il trauma, attenuato però. Non amando. Non odiando. Semplicemente ascoltando.
Voto all'album: 8/10


martedì 5 aprile 2016

Domani come sempre (Poesia)


Vorrei decompormi
Come un qualsiasi
Cadavere, cadere
Improvvisamente
Nella polvere, arrugginire

Non c’è via d’uscita
Dentro di me
Muoio mutilato
Oggi è come ieri
Domani come sempre striscerò

P. G. Boccacci