Se ne andranno i giudici,
se ne andranno i prelati,
se ne andranno i pudici,
se ne andranno i debosciati;
se ne andrà la libera gente
libera di schiavizzare gente,
se ne andrà la vana folla
che è vana perché tutto ingolla.
Ma resterò io, con il mio flebile lascito,
con le mie poesie monche, dopo la consegna
della mia pelle e delle mie ossa al pulpito,
e sarò tamburo battente, su fradicia legna;
le menti e i corpi con dolente impeto percuoterò,
su chi mi sarà sopravvissuto mi ripercuoterò,
se ne andrà la vana folla, ma ci sarò io,
né in alto sopra, né secondo, a Dio.
Chi mi giudica oggi sarà giudicato domani,
chi mi guarda con diffidenza lucrerà su di me,
io che non so quando morrò me ne lavo le mani,
dei miei stolti innamoramenti faccio un autodafé;
perché ho amato il mondo nonostante le offese,
e in cuor mio e su carta, perdono chi mi offese,
se ne andrà la vana folla, rimarrà forse un cuore
di donna o di uomo, in piedi a evocarmi con amore.
P. G. B.
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