In questo blog troverete recensioni, poesie, racconti e altro. Tutto nato dalla penna, materiale o virtuale, del sottoscritto, P. G. Boccacci.
L'immagine di copertina rappresenta il musicista e cantante Peter Gabriel come è mostrato nella cover del suo primo album da solista, "Car", del 1977. Non a caso la G. del mio nome è quella di Gabriel, mio artista preferito, al quale devo molto. La P. invece sta per Paolo, il mio nome di battesimo.
Traduzione di P. G. Boccacci Guardando l’orologio da polso per la terza volta In attesa, alla stazione, che arrivi il bus Che mi porterà a un posto che è lontano Davvero lontano, e se questo non fosse abbastanza, Sto andando in un posto dove nessuno dice ciao Lì la gente non parla agli sconosciuti Andrai a finire in qualche fabbrica Che è feccia a tempo pieno e non ti rimarrà altro posto dove andare Camminerai verso casa – una casa vuota – Ti siederai da qualche parte tutto solo So che può suonare strano ma credo Che, prima che tu te ne accorga, sarai tornato Non tornare a Rockville! Non sprecare un altro anno! Di notte bevo finché non mi addormento E fingo che non mi importi che tu non sia qui con me Perché è molto più facile affrontare Tutti i miei problemi se sono molto lontano, in alto mare Ma qualcosa di meglio accadrà presto O sarà troppo tardi per riportarti indietro Non tornare a Rockville! Non sprecare un altro anno! Non è che io abbia davvero bisogno di te Se tu fossi qui, ti farei un salasso Ma tutti gli altri in città vogliono solo buttarti giù E non è così che dovrebbe essere So che può suonare strano ma credo Che, prima che tu te ne accorga, sarai tornato Non tornare a Rockville! Non sprecare un altro anno!
Nusrat Fateh Ali Khan è
oggi riconosciuto come il più grande maestro vivente del “Qawwali” – la musica
devozionale dei Sufi. Avendo popolarizzato questa bellissima e ispirata musica
al di fuori delle genti musulmane presso un pubblico mondiale, egli esplora
ora, per la prima volta, un intero nuovo territorio musicale.
Nelle loro performance Qawwali, Nusrat Fateh Ali Khan and Party modificano il
loro stile per venire incontro al pubblico. La generazione asiatica più giovane
un tempo non si prendeva la briga di ascoltare il Qawwali – li annoiava ed era
ritenuto troppo lento. Loro volevano ritmi più veloci. “Ho creato il mio stile
personale”, dice Nusrat, “Esploriamo il Qawwali alla luce dei tempi”.
Nusrat si è mostrato felice all’idea di sperimentare su questo album – lui lotta
sempre per trovare nuove idee, nella stessa misura in cui ascolta sempre nuovi
stili di musica. Questo non significa che ora si aggrapperà interamente alle
tecniche moderne – album tradizionali come Shahen-Shan
(RW3) e quelli registrati in Pakistan continueranno ad essere fatti.
La canzone d’apertura, “Mustt Mustt”, si avvale di vari testi devozionali
riguardanti un santo particolare della tradizione Sufi, sui quali Nusrat ha poi
improvvisato. D’altro canto “Tery Bina” è un pezzo romantico, basato sullo
stile Qawwali, nel quale un amante dichiara: “Non riesco a vivere pacificamente
senza di te neanche per un istante, mi manchi terribilmente quando sei lontana”.
Queste sono le uniche due canzoni provviste di effettivo testo; il resto è
costituito da esercizi vocali classici nei quali le parole non hanno
significato ma sono usate per la qualità del loro suono. Queste notazioni sono
selezionate per adattarsi a particolari raga. Il termine generico per questi
ultimi è Tarana, di cui esistono diversi tipi.
“La musica è un linguaggio internazionale”, dice Nusrat, sottolineando che le
parole non sono necessarie per apprezzare la sua musica.
Il produttore Michael Brook precisa che loro non hanno avuto reali difficoltà
comunicative. “I problemi di linguaggio ci sono, ma effettivamente hai bisogno di
un vocabolario molto semplice per parlare di musica quando la stai suonando”. Egli
era sorpreso dal “mutuale entusiasmo di Nusrat e di tutti i musicisti. Tutti erano
eccitati – c’era davvero una collaborazione e questo è tutto ciò per cui
avremmo potuto sperare …”
Strumenti provenienti da diversi continenti sono stati usati, come il grande
tamburo brasiliano – il surdu, e il djembe senegalese, parallelamente al tabla
indiano e all’armonium, senza contare il basso, le tastiere e l’invenzione di
Michael, la “infinite guitar”. Il progetto ha messo insieme anche musicisti da
diverse culture. Michael è canadese, Nusrat, Farrukh e Dildar sono pakistani,
Robert Ahwai appartengono alla cultura dell’India occidentale, Darryl Johnson è
di New Orleans, James Pinker è neozelandese. Come Michael precisa, “Nonostante
non sia stato indolore – ha funzionato”.
“Ho davvero sperato che avremmo mostrato un lato più delicato del canto di
Nusrat. Amo tutti i fuochi d’artificio e gli assoli stile heavy metal che lui
fa, ma pensavo che sarebbe stato bello tirar fuori una componente più lenta e
introspettiva”.
Diverse tracce sono venute fuori in modi diversi. “Fault Lines” è stata
cambiata molto dopo la registrazione, con il pattern di base che è diventato
una piccola parte della traccia. “Sea of Vapours” come altre tracce, aveva l’ “infinite
guitar” aggiunta al contrario a causa del tempo limitato. Per contro “Avenue”
coinvolge tutti nell’esibizione live. “The Game” ha preso il via da un pattern
di percussioni donato da Peter Gabriel. “Tracery” ha nove battiti in un ciclo e
undici in un altro ciclo. Michael commenta, “A Nusrat piaceva la sfida che ciò
comportava. È un fantastico musicista. L’intera frase del ritornello si adatta
perfettamente e suona davvero naturale. La tavolozza dalla quale deve scegliere
è larga in maniera sconvolgente”.
Quando la linea melodica di un Qawwali, o canzone devozionale, viene ripetuto, esso
trasmette il significato dei testi d’accompagnamento anche quando le parole non
sono cantate. “Molte tracce erano molto più lunghe, quindi abbiamo accorciato
cose, tagliato fuori frasi, spostato la voce, ripetuto sezioni e aggiunto
sezioni al tutto”. È qui che è emerso l’unico problema.
“Abbiamo fatto qualche modifica che è risultata inaccettabile per Nusrat, perché
avevamo tagliato una frase a metà – spesso c’erano effettivi testi che noi
avevamo reso nonsense”, dice Michael, “Spesso anche se loro stavano
semplicemente cantando Sa Re Ga noi abbiamo interferito con il significato
della frase”. Un compromesso è stato raggiunto – i brani di testo importanti
sono stati restaurati senza perdere la struttura musicale che Michael aveva
sviluppato.
Così un punto di incontro è stato raggiunto tra est e ovest nel songwriting,
nella performance, e nell’atteggiamento.
Questa è una delle
uscite della Real World Records, un’etichetta che è stata costituita dalla Real
World and WOMAD per registrare e promuovere un intero range di diversi artisti,
sia tradizionali sia moderni, provenienti da tutto il mondo. Il puro entusiasmo
per la world music ci ha spinti a creare WOMAD nel 1980 nella convinzione che
ci fossero molti altri che avrebbero voluto condividere la nostra eccitazione
di fronte a ciò che ascoltavamo. WOMAD sta ora lavorando in molti diversi
paesi, presentando concerti, festival e programmi educativi.
La Real World sta sviluppando nuovi modi per gli artisti di ogni sorta per
lavorare con i tecnologi. Qualunque sia la musica, qualunque sia la tecnologia,
i grandi dischi derivano da grandi performance. I nostri studi sono stati
pensati per l’artista, per mettere a disposizione un posto per un grande lavoro
intorno al quale speriamo di costruire l’etichetta.
Spero che otteniate tanto piacere da questi dischi quanto ne abbiamo avuto noi
nel farli”. PETER GABRIEL
Nusrat Fateh Ali Khan is today acknowledged as the greatest living
master of “Qawwali” – the devotional music of the Sufis. Having popularised this beautiful and inspirational
music beyond Muslim peoples to a worldwide audience he explores now, for the
first time, a whole new musical territory.
In their Qawwali performances, Nusrat Fateh Ali Khan and Party already modify
their style to suit the audience. The Asian younger generation never used to
bother with Qawwali – it bored them and was too slow. They wanted faster beats.
“I made my own style”, says Nusrat, “We explore Qawwali with the times”.
Nusrat was happy to experiment on this album – he is always striving for new
ideas, just as he is always listening to new styles of music. This doesn’t mean
he’ll now stick entirely to modern techniques – traditional albums like Shahen-Shan (RW3) and those recorded in
Pakistan will continue to be made.
The opening song, “Musst Musst”, draws upon various devotional lyrics about a
peculiar Sufi saint, upon which Nusrat has then improvised. While “Tery Bina”
is a romantic song, based upon the Qawwali style, in which a lover claims: “I
cannot live peacefully without you for even a moment, I miss you terribly when
you are away”.
These are the only two songs with actual lyrics; the rest are classical vocal
exercises in which the words have no meaning but are used for the quality of
their sound. These notations are selected to fit particular ragas. The generic
term for them is Tarana, of which there are different kinds.
“Music is an international language”, says Nusrat, pointing out that words are
unnecessary to appreciate his music.
Producer Michael Brook emphasises that they had no real communication
difficulties. “You have language problems, but in fact you need a very simple
vocabulary to talk about music if you’re playing it”. He was surprised by “the
mutual enthusiasm of Nusrat and all the musicians. Everyone was excited – there
really was a collaboration and that’s all we could have hoped for ...”
Instruments from different continents were used, like the big Brazilian drum –
the surdu, and the Senegalese djembe, alongside Indian tabla and harmonium,
plus bass, keyboards and Michael’s invention, the “infinite guitar”. The project
also mixed musicians from different cultures. Michael is Canadian, Nusrat,
Farrukh and Dildar are from Pakistan, Robert Ahwai is culturally West Indian,
Darryl Johnson is from New Orleans, James Pinker from New Zealand. As Michael
points out, “Although it wasn’t painless – it worked”.
“I’d really hoped we could show a more delicate side of Nusrat’s singing. I love
all the fireworks and the heavy metal solos that he does, but I thought it
would be nice to bring out a slower, more introspective component”.
Different tracks came about in different ways. “Fault Lines” was changed a lot
after it was recorded, with the basic pattern becoming a small part of the
track. “Sea of Vapours”, like other tracks, had the “infinite guitar” added
backwards because of time constraints. By contrast “Avenue” has everyone
playing live. “The Game” started from a drum pattern donated by Peter Gabriel. “Tracery”
has nine beats in one cycle and eleven in another cycle. Michael comments, “Nusrat
liked the challenge of that. He is an amazing musician. The whole chorus line
fits perfectly and feels very natural. The palette he has to choose from is
mind-bogglingly large”.
When the melodic phrase of a Qawwali, or devotional song, is repeated, it
conveys the meaning of the accompanying lyrics even when the words are not
sung. “A lot of the tracks were much longer so we shortened things, cut phrases
out, moved the voice around, repeated sections and joined sections together”. This
is where the only problem arose.
“We made some edits that were not acceptable to Nusrat, because we’d cut a
phrase in half – sometimes there were actual lyrics that we made nonsense of”,
says Michael, “Sometimes even though they were just singing Sa Re Ga we had
interfered with the meaning of the phrase”. A compromise was achieved –
important lyrical phrases were restored without losing the musical structure
Michael had developed.
So a halfway point was reached between east and west in songwriting, in
performance, and in attitude.
This is one of the releases on Real World Records, a label which has
been set up by Real World and WOMAD to record and promote a whole range of
different artists, both traditional and modern, from all around the world.
Pure enthusiasm for world music led us to create WOMAD in 1980 in the belief
that there were many others who would share our excitement with what we were
hearing. WOMAD is now working in many different countries, presenting concerts,
festivals, and educational programmes.
Real World is developing new ways for artists of all sorts to work together
with technologists. Whatever the music, whatever the technology, great records
come from great performances. Our studios have been designed for the artist, to
provide a place for great work around which we hope to build the label.
I hope you get as much enjoyment from these records as we have had in making
them”. PETER GABRIEL
Traduzione di P. G. Boccacci Che bel volto ho trovato in questo posto che gira intorno al sole! Che bel sogno che potrebbe lampeggiare sullo schermo in un batter d'occhio e provenire da me, tenero e dolce! Lascia che lo tenga vicino, qui con me! E un giorno moriremo e le nostre ceneri voleranno dall'aeroplano sorvolante il mare, ma visto che siamo giovani stiamo un po' sdraiati al sole, e contiamo ogni cosa bella che riusciamo a vedere! Amo stare tra le braccia di tutti quelli che sono qui con me. Che vita curiosa abbiamo trovato qui stanotte! C'è musica che risuona dalla strada, ci sono luci tra le nuvole, il fantasma di Anna intorno: sento la sua voce che gira e chiama attraverso di me. Com'è tenero e dolce che le note si pieghino e si spingano fino a sopra gli alberi! Ora come ti ricordo, come vorrei spingere le mie dita nella tua bocca per far muovere quei muscoli che rendevano la tua voce armoniosa e dolce! Ma ora limitiamoci a quello che sappiamo, tutti i segreti dormono vestiti per l'inverno con chi ti amò tanto tempo fa: ora lui non sa nemmeno come ti chiami. Che bel viso ho trovato in questo posto che gira intorno al sole! E quando ci vedremo su una nuvola, riderò forte, riderò forte con tutti quelli che vedrò. Non posso credere a quanto sia strano essere nessuno!
Jeff Mangum, mente creativa dei Neutral Milk Hotel
Traduzione di P. G. Boccacci Ho ancora le mie mani Ho ancora la mia mente Ho ancora i miei soldi Ho ancora il mio telefono ... pronto, pronto, prontooooo? Ho ancora i miei ricordi Ho ancora il mio anello d'oro, bellissimo, lo amo, lo amo! Ho ancora la mie allergie Ho ancora la mia filosofia
Traduzione di P. G. Boccacci Oh, amante mio Non sai che è tutto apposto? Puoi amarla E amare me allo stesso tempo C'è tanto da imparare So che non hai il tempo ma Oh, amante mio Non sai che è tutto apposto? Oh, dolcezza mia Oh, le mie dolci cosce Dammi i tuoi guai Li conserverò con i miei Portali a tuo piacimento Porta qualsiasi cosa tu riesca a trovare ma Oh, dolcezza mia Non sai che è tutto apposto? E' tutto apposto E' tutto apposto Non c'è tempo Quindi è tutto apposto Cos'è quel colore Che si forma intorno ai tuoi occhi? Balla, amante mio Dimmi che è tutto apposto Solo un altro Prima che te ne vada, che te ne vada Oh, amante mio Perché non dici il mio nome e basta? E va tutto bene Di' che è tutto apposto Non c'è tempo
Premetto che non è un testo "da tradurre", ma "da ascoltare". Wyatt ha dato forma alle liriche tramite fonemi sconnessi, che hanno un valore soprattutto fonetico, di suono. Ritenete questa mia traduzione un tentativo di approssimazione, di movimento "verso", non di approdo. Tra comprensibile e interpretabile, fino all'imperscrutabile. Traduzione di P. G. Boccacci No pidocchio non Pidocchio no non Pidocchio pidocchio, pazzo bololey (?) Alife, la mia dispensa Alife, la mia dispensa Non posso abbandonarti O squittire per te Alife, la mia dispensa Alife, la mia dispensa Confiscarti O farti tardare Alife, la mia dispensa Alife, la mia dispensa Non pidocchio non Pidocchio no non Pidocchio pidocchio, pazzo bololey Gruppo massiccio, talpa d'acqua Lieve tonfo infernale e buco per le dita Non un "cos'è", il cartellino, guarda Per jangle e bojangle (?) Inciampa inciampa pigola acinoso acinoso pigola pigola landerim (?) Alife, la mia dispensa Alife, la mia dispensa
Sbaglio, o "There Won't Be Many Coming Home" - di Roy Orbison -, usata nei titoli di coda di "The Hateful Eight" (regia di Quentin Tarantino), assomiglia da morire a "You Can't Always Get What You Want" degli Stones?
Se leggete semplicemente i due titoli, godono addirittura di una certa assonanza, e metricamente sono molto simili (non a caso il ritornello è quello, in tutti e due casi, nel senso che la frase del titolo viene cantata, e ripetuta, stessa melodia, tranne che nel pezzo degli Stones c'è una variazione di fine ritornello, quando Mick Jagger canta "But if you try some time, ecc ...", con il pianoforte che si fa protagonista.
L'anno di "There Won't Be Many Coming Home"? 1966. Tre anni dopo le Pietre Rotolanti avrebbero pubblicato "Let It Bleed", che si chiude, in bellezza, con "You Can't Always Get What You Want".
A questo punto, due sono le possibili spiegazioni per questa somiglianza, o meglio, sono le due supposizioni che ho potuto tirar fuori:
1) a livello inconscio, gli Stones - o solo uno di loro, o chi per loro - hanno preso ispirazione dal pezzo di Orbison, avendocelo in testa come reminiscenza;
2)a livello conscio, gli Stones hanno preso il pezzo di Orbison, sono partiti dal presupposto folk/country della strofa-ritornello, e vi hanno aggiunto, insieme al proprio stile di rock e blues contaminati, una forte atmosfera gospel, enfatizzando il botta e risposta strofa-ritornello.
Che si siano ispirati a livello inconscio o conscio, non si può far loro una colpa, anzi, è pienamente in linea con la musica che facevano (blues rock, tra tradizione e rinnovamento):
se l'hanno fatto a livello inconscio, sono stati degli assoluti creativi;
se l'hanno fatto a livello conscio, allora hanno saputo assemblare con maestria, tipica dei grandi, un pezzo-bomba, sempre in maniera creativa, ma forse meno spontanea.
Diverse volte Facebook mi ha censurato, per delle immagini che avevo postato, con parti di nudo più o meno evidenti. Le immagini incriminate erano copertine di dischi, fotografie d'autore (di artisti professionisti, che nella loro produzione includevano anche foto di soggetti parzialmente svestiti), o screenshot tratti da film. Insomma, tutte immagini aventi a che fare con il mondo dell'arte. Una domanda, quindi, mi sorge spontanea: quant'è sottile la linea tra osceno (Carmelo Bene faceva risalire la parola alla fusione di ob più scenum, con il presunto significato originale di "fuori dalla scena") e adatto (alla scena)? Bastano dei pixel di seno o di pene, per decretare inappropriato un contenuto? Quanto costa all'amministrazione di Facebook prendersi, direttamente, la responsabilità di controllare i contenuti, anziché affidarsi totalmente al "robot" che lei stessa (l'amministrazione) ha creato per lavorare al posto dell'uomo? Perché non può più esserci la distinzione tra arte e "malaffare", tra lecito e illecito, su una base meritocratica, fatta tra ciò che è bene ci sia perché ha un valore concettuale che può essere stimolante, e ciò che è male perché fatto per far del male, o avente a che fare, perché contiene in sé degli indizi di qualcosa che è stato fatto contro la legge? Sì, perché "illecito" è la negazione di "lecito", che vuol dire "ciò che non è proibito da alcuna legge". La copertina di "Il nostro caro angelo", album del '73 di Lucio Battisti, che io ho postato qui sul blog, e su Facebook, risulta, a questo punto, più che lecita, dal momento che, a suo tempo (anni Settanta), non è stata censurata, né ora, e, a prescindere da eventuale censura, non costituisce una violazione di qualche norma, ma la rappresentazione di una realtà specifica, di un concetto specifico: insomma, di arte si tratta. Sono stato bloccato per 3 giorni, il ché vuol dire che non ho avuto e non ho (ancora per qualche ora) la possibilità di postare né di apprezzare post altrui, in poche parole non ho potuto e non posso interagire. Questa mia situazione è lecita? In pratica sì, perché si è verificata per delle decisioni prese, legalmente, da un dispositivo, che è quello automatico di Facebook. In teoria no, perché si tratta di limitazione alla libertà di espressione, per di più ingiustificata perché oggetto della censura è stata una copertina assolutamente innocua (a meno che non sia nociva a qualche minorato mentale, che possa trovarci qualcosa di offensivo). Allego qui sotto l'immagine a cui mi sono riferito finora, e le altre, di cui non ho parlato, ma che sono state motivo di censura per il "robot che tutto vede". Giustamente ... vede ma non guarda.
Lucio Battisti - Il nostro caro angelo (1973, Numero Uno)
Melanie Griffith, in uno screenshot da "Qualcosa di travolgente " (Jonathan Demme, 1986)
Barbara, or Margaret (Saul Leiter, 1955) ... oltre a questa, me ne hanno censurate altre simili. Ho scoperto l'immagine qui sopra grazie all'edizione (Adelphi) di un romanzo di Leonard Michaels, "Sylvia". Insomma, roba illecita, illegale, no?
Suffering is something palpable, which creeps inside and there it stops,
brooding the eggs, being resolved to stay. During its easy odyssey, you feel it
on your skin, creeping inside, it involves your mind, your organs, your heart and
stomach. Doctors call them psychosomatic pains. Why this suffering? Life
provides for them, imposes them. Generally it gets called malaise among
adolescents, but maybe it is something more, something which drag itself for
years till you come of age, till your thirty years and over. Ian Curtis never
knew it. He didn’t want to do it. Twenty-three years are few to know something
about life, to know everything. Yet this album, which appears to be
well-defined picture of pain, seems to include further fields. It doesn’t talk
only about pain. It talks about death and life too; it talks about despair, but
also hope; about darkness and light, though light seems to disappear (“New Dawn
Fades”), then it comes natural to think about forgetting yourself, about ending
it all. Let-down and torture, monotonous, for a relationship in eclipse appear
more than once (“I campaigned for nothing”, it almost seems a sad and detached
consciousness raising about dying love). Epilepsy: unrestrained sounds on bass
and guitar & feverish drums, played with dynamic bangs, join in “She’s Lost
Control”, a growing sense of something going to happen can be felt, something
that’s going to break, because “she’s lost control again” and the singer knows
it could happen to himself too. A quasi-religious concept of pain peeps out,
then it gets persistent (“I walked on water, ran through fire” “the blood of
Christ on their skins”). Esoteric images which form by a catacomb-like voice,
few powerful chords on instruments: welcome to the funeral! Twenty-three years:
too few, but also too many. There’s remembering, the memory to keep company and
a non-existent future, hanging in the balance of a rope of smoke. There’s
always time to “remember when we were young”, to suffer, to brood, to collapse
onto the sofa, tired of being tired, with our thoughts which never die. For Ian there’s no more time. Love lost.